Nell’ambito del progetto Oxyless, grazie agli studi portati avanti durante 2 anni dalla Cantina Sociale dei Colli Fiorentini, ISVEA, l’Università di Udine e Vinidea, sono stati evidenziati dei metodi di stima rapida dell’ossidabilità dei vini.
I test sono stati sviluppati grazie all’applicazione di metodi statistici multivariati ai risultati ottenuti dalle analisi chimiche, colorimetriche, voltammetriche e sensoriali. Possono essere utilizzati per quantificare gli effetti di diverse pratiche vitivinicole sulla sensibilità del vino all’ossidazione con l’intento di esaltarne l’identità e la tipicità, per ottenere vini con lunga vita commerciale o per evitare l’uso di risorse non rinnovabili se non strettamente necessario.
Per i vini rossi, questi test, elaborati su vini a base sangiovese, syrah e cabernet, si basano su tecniche voltammetria (es. voltammetria ciclica) e sull’utilizzo di indici semplici derivanti dalle coordinate CIELab dopo uno stress dei campioni con perossido di idrogeno. È stato inoltre riscontrato che sui vini rossi a base sangiovese, l’aggiunta di 3 g/hl di tannino di galla e la sosta su fecce fini con agitazioni frequenti tendono ad abbassare l’ossidabilità del campione nel caso di vini poco strutturati e con bassa gradazione alcolica. Nel caso di vini con maggiore contenuto in polifenoli e grado alcolico non si evidenzia un effetto rilevante di protezione verso l’ossidabilità.
Tra le varie pratiche usate per la produzione dei vini rosati per base spumante, è la macerazione pellicolare che sembra determinare una propensione all’ossidabilità maggiore quando messa a confronto con la semplice pressatura o con l’utilizzo di uno sgrondatore. È anche interessante notare che, a parità di metodi di produzione, le modalità di trasporto delle uve vendemmiate, in cassetta o in carrello, non sembrano avere impatto sull’ossidabilità nel caso del sangiovese rosato. Inoltre, andando a comparare i trattamenti di queste basi spumante, bianchi e rosati, risulta che l’utilizzo del freddo per 30 gg a 10°C è peggiorativo rispetto all’aggiunta di caseinato di potassio o chitosano sull’ossidabilità dei campioni. L’uso di carbone decolorante ha un effetto positivo per quanto riguarda l’ossidabilità e può quindi essere usato nell’elaborazione di basi spumante di qualità standard, anche se è normalmente associato ad uno scadimento del profilo aromatico.
Nel caso dei vini bianchi e rosati i test volti a valutare l’ossidabilità dei campioni si basano sull’utilizzo della voltammetria ciclica, di indici semplici basati sulle coordinate del colore CIELab e sul contenuto di catechine, dopo l’aggiunta di acqua ossigenata.
La voltammetria ciclica è una tecnica elettroanalitica rapida, basata sulla misura della corrente che passa attraverso un elettrodo immerso nel vino e sottoposto ad una variazione di potenziale. Nella voltammetria ciclica, il potenziale dell’elettrodo viene fatto aumentare linearmente fino ad un valore massimo, per poi ritornare al valore iniziale (scansione triangolare). Se, in soluzione sono presenti specie elettroattive, suscettibili all’ossidazione o alla riduzione nell’intervallo di potenziale applicato, si osserva un aumento della corrente misurata, che sarà proporzionale alla concentrazione della specie stessa. La voltammetria fornisce pertanto indicazioni quali-quantitative relative alle specie chimiche presenti.
Durante gli studi condotti per Oxyless, è stata confermata la possibilità di usare il confronto tra le curve voltammetriche per valutare sia lo stato di ossidazione, sia l’effetto di varie pratiche viticole e la variazione nel tempo dell’ossidabilità; le conclusioni concordano con quelle ottenute utilizzando con approccio integrato i metodi analitici convenzionali applicati da ISVEA.
Infine, la Cantina Sociale dei Colli Fiorentini ha elaborato un rosato di sangiovese metodo charmat chiamato “Promme”. La cuvée è stata messa a punto, grazie ai dati sull’ossidabilità, ricercando il miglior compromesso tra caratteristiche organolettiche, tipicità del sangiovese e ossidabilità